• TAOISMO, CONFUCIANESIMO, ZEN E SHIATSU:
    ELEMENTI DI ETICA PER L'HOMO UNIVERSALIS

    A Cura di EGLE LANZARA

     

     

    INTRODUZIONE

    Dice il profeta Gilbran Kahlil Gibran che "Nessuno può insegnarci nulla se non ciò che in dormiveglia giace nell'alba della nostra conoscenza". Gli allievi di un ryu di shiatsu imparano da Lao la semplicità e da Confucio la disciplina, ma occorre che semplicità e capacità di disciplina siano già nella dotazione del loro patrimonio genetico.

    L'uomo di oggi, l'abitante del villaggio globale, sia che viva in una metropoli, sia che viva in provincia, ha bisogno di disciplina e guida per realizzare completamente se stesso; che si tratti di giovani, innocenti e pieni di promesse, o di professionisti, adulti, alle prese con le difficoltà e le responsabilità delle loro carriere, o ancora di donne al passaggio delicato dei cinquant'anni, o di anziani, che, deposto ormai il fardello della quotidianità portato per anni, possano ora trovare il tempo e il desiderio di seguire interessi diversi, più profondi, tutti possono trovare nella ricerca del Tao un modo per definire se stessi; il Tao, ciò che non si può nominare, la Via; il Tao indica la strada, il nuovo percorso della vita, che attraverso la disciplina della pazienza, della ripetizione, della perseveranza, rende guerrieri e saggi, in grado di scegliere la Verità malgrado l'immersione nelle distrazioni e l'esposizione al ritmo frenetico della nostra epoca.

    Il guerriero saggio è colui che impara a utilizzare e a padroneggiare unicamente le proprie energie interiori per affrontare le sfide della vita.
    La pratica dello shiatsu, dalle prime nozioni di do-in fino alle più impegnative applicazioni terapeutiche, per ognuno solo e quanto gli è possibile, fino al Thai-chi-chuan, supremo ultimo pugno, può essere di valido aiuto in questo percorso.
    Lo shiatsu nasce in Giappone agli inizi del 1900 come evoluzione dell'anma, che a sua volta origina dal massaggio tradizionale cinese o tuinà; le metodiche di questa antica modalità terapeutica sono parte della mtc, la medicina tradizionale cinese; il primo testo scritto della mtc è il Neijing so wen: il testo risale circa al 250 a.C. ed è la trascrizione di una impostazione filosofica, critica e medica della visione dell'essenza dell'uomo molto più antica.
    Appare evidente da tutta la storia filosofico-religiosa del Giappone il profondo influsso del pensiero cinese.

     

    CENNI DI STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO CINESE

    In Estremo Oriente, come in Asia anteriore, in Mesopotamia e in Egitto il passaggio dell'uomo primitivo dalla raccolta delle bacche alla caccia e dalla caccia all'agricoltura, nel corso della civiltà neolitica, iniziò dalla semplice struttura del villaggio tribale; in seguito si trasformò in organizzazione urbana: già nel 2000 a.C. la città di Ngan-Yang, sul corso inferiore del fiume Hoang-Ho divenne centro di una civiltà che costruiva i santuari nelle città. Nella zona di Ngan-Yang, dal 2000 al 700 a.C. regnarono le prime tre grandi dinastie colonizzatrici della Cina: Hsia, Shang o Yin e Chou. In questo lungo periodo, la primitiva religione naturistica basata sul culto delle forze celesti e terrestri, sulla corrispondenza tra ordine stagionale regolato dal sole e ordine agricolo pianificato dal monarca, sul culto degli avi e specialmente dei nobili, ai quali è riservata l'immortalità, andò sviluppandosi da culto cosmico a culto astrale: il dio supremo, chiamato all'epoca Shang con il nome di Shang-ti, ossia signore di lassù, riceve, con i Chou, anche l'appellativo di T'ien, Cielo. Con la dinastia Chou (770-221 a.C.), la Cina attraversò un periodo di profondi rivolgimenti politici e sociali: i mongoli premevano sui confini, la nobiltà si decimava nelle guerre più feroci, commercianti e contadini si agitavano nella pretesa di avere una parte determinante nell'amministrazione dello stato. Questa situazione politica determinò negli animi più attenti una profonda riflessione sugli avvenimenti; durante la prima parte di questo lungo periodo di sconvolgimenti, detta "Primavera e autunno" vissero e insegnarono, infatti, i due grandi pensatori e maestri Lao tzu (570-470 a.C.) e Confucio (551-479 a.C.).

    Le loro dottrine e il loro pensiero permisero l'elaborazione della teoria del Tao, o Via, Regola, concetto antico quanto la Cina, ma mai teorizzato prima di questa epoca storica; il Tao di Lao tzu e Confucio è inteso come principio di corrispondenza degli ordini eterni celeste e terrestre; divenne tema di speculazione anche la teoria del doppio principio yin e yang, come spiegazione dialettica del continuo mutamento delle cose; nella seconda fase del periodo, chiamata dei "Regni Combattenti", insegnarono altri due grandi maestri, Mo-ti, propugnatore dell'altruismo e dell'amore universale e Meng, teorizzatore della legge del giusto mezzo e della necessità di riforme sociali.

    Sotto l'influsso di questi pensieri filosofici, la religione degli intellettuali e della classe dirigente cinese si andò affinando sempre di più, mettendosi al servizio della famiglia, della società e dello stato; questa potente spinta ideale, insieme allo sviluppo della società urbana e all'evoluzione della classe media portarono alla reazione unificatrice della dinastia Ch'in: nel 221 a.C., infatti, unificando i vari stati esistenti, il re Cheng si proclamò imperatore: Shih Huang-ti, primo sublime signore. Cheng iniziò la costruzione della grande muraglia ed insieme diede origine ad un movimento irreversibile di identificazione nazionale; nel 213 a.C., valutando la tradizione confuciana troppo compromessa con il precedente periodo feudale, l'imperatore ordinò il rogo dei libri confuciani e dei libri classici, storici e filosofici. Fortunatamente, la dinastia successiva Han (202-220 a.C.) favorì il ripristino delle tradizioni confuciane, l'insegnamento del confucianesimo e la ricostituzione dei libri bruciati. Nel medesimo periodo anche il taoismo si andò diffondendo tra le masse ed intorno al 500 d.C. iniziò a penetrare in Cina anche il buddhismo. Con la dinastia Suei e T'ang (581-907), la definitiva unificazione culturale e spirituale della Cina si avvalse della contemporanea diffusione del confucianesimo, del taoismo e del buddhismo, con un'apertura tollerante ad altre religioni ancora che venivano da territori più lontani; la tolleranza dura tra alterne vicende storiche di dominio fino al 1368, quando la dinastia nazionalista Ming, giunta al potere dopo violente lotte sociali e rivolte contadine, impone al paese una sterzata conservatrice: la Cina si chiude agli stranieri, completa la costruzione della grande muraglia, impone il confucianesimo anche contro il buddhismo. Solo verso la metà del secolo XIX la Cina riaprirà le porte agli occidentali, ma da quel momento gli avvenimenti precipiteranno verso la caduta dell'impero millenario.

    Nonostante una storia così movimentata, la Cina ha conservato costantemente e fedelmente un pensiero filosofico particolare riguardo al mondo, alla società e alla politica. L'universo è ordinato dal Tao, legge eterna e impersonale, regolata a sua volta dall'azione reciproca delle due forze primordiali yang (luminosa, attiva, maschile) e yin (tenebrosa, passiva, femminile); questa concezione dell'universo esprime la regolarità del ciclo cosmico e sociale e si traduce nel culto verso le forze della natura e gli spiriti degli antenati.

    Il concetto di Tao è l'idea dominante di tutta la filosofia cinese, fondamentale per l'antica concezione cinese del mondo: l'uomo e il mondo formano un'unità indissolubile e si influenzano a vicenda; vi sono correlazioni costanti tra la terra, il cielo e l'uomo: come il lavoro dell'uomo, nel giusto momento, è necessario per far crescere le messi quanto la fertilità della terra e la pioggia del cielo, così il cielo e la terra hanno influenza su ogni ambito della vita dell'uomo.

    Sulla volta del cielo si muovono il sole, la luna e i pianeti: questo movimento è la Via del Cielo; la Via della Terra e la Via Dell'Uomo vi trovano corrispondenza; non appena nasce un ostacolo su una Via, appare sulle altre.

    Agli inizi della storia cinese, però il Tao non era soltanto una legge universale: era Ti, il dominatore; Shang-ti, il supremo dominatore; T'ien, il cielo. Questo concetto di unico essere supremo identificato nel cielo si trova chiaramente anche nel pensiero di Confucio, di Mo-ti e di Meng: nel primo, sotto forma di principio morale, nel secondo, sotto forma di principio mistico, nel terzo, come principio filosofico: Dio in cielo, l'imperatore in terra come figlio del cielo e gli antenati nell'aldilà; questo insieme di visioni e concetti è il t'ien ming, il mandato celeste, il fondamento soprannaturale del mondo e della vita. L'uomo ha un'anima (shen) e una forza vitale (ch'i): la prima sopravvive dopo la morte e ad essa deve essere tributata venerazione secondo le leggi della pietà filiale (hsiao); nella pietà filiale, intesa come ossequio a Dio in Mo-ti, all'imperatore in Meng e agli antenati in Confucio, le principali correnti di pensiero religioso e filosofico cinese vedono il fondamento del culto.

    Il periodo classico della filosofia cinese abbraccia un arco di tempo di circa trecento anni, dal 550 al 250 a.C.; oltre a Lao tzu, considerato il capostipite della filosofia taoista, un importante pensatore è Chuang tzu: il libro che ci ha lasciato costituisce una cronistoria brillante e completa della filosofia cinese fino al suo tempo, il primo documento di queste caratteristiche di cui si abbia notizia in Oriente. Gli eredi del pensiero e dello spirito di Chuang tzu sono i buddhisti cinesi zen del periodo T'ang, tuttavia Chuang tzu continuò ad esercitare il proprio influsso su tutte le correnti del pensiero cinese: il taoismo sottile, sofisticato e mistico di Chuang tzu e di Lao tzu ha lasciato un'impronta indelebile su tutta la cultura cinese e sul carattere del popolo.

     

    IL TAOISMO

    Per i taoisti la perfezione del Tao sta nella sua immaterialità, incorporeità, immobilità, inerzia, impassibilità: quello che si può esprimere non è mai il Tao. Ne deriva che il mondo fenomenico è imperfetto, poiché esso è materiale corporeo, mobile, attivo, emotivo. I taoisti riconducono la confusione, l'ignoranza e il dolore al rifiuto dell'umanità di riconoscersi come parte di un ordine superiore: se gli esseri umani, dicono, sapessero raggiungere l'equilibrio con l'ordine delle cose, potrebbero condurre una vita semplice e consapevole. L'ordine divino è concepito in termini mistici: è così grande, così profondo che non può essere compreso con mezzi puramente razionali; per i taoisti è il mistero più grande e, allo stesso tempo, la porta di accesso a tutta la realtà dell'esistenza; ed a questa essenza della vita può essere dato un solo nome: Tao.

    Se la ricerca del Tao è una via di liberazione dalle ansie e dalle passioni, il Tao non può avere nessuna definizione positiva e deve essere suggerita dicendo ciò che non è: per la dottrina taoista, l'uomo può tendere alla perfezione con il possesso del Tao, spogliandosi delle sue passioni, anche di quelle positive, possibilmente anche dimenticando le necessità del corpo fisico in una ricerca dell'assoluto a livello sovrumano: l'uomo santo, il Santo, che è semplicemente colui che sa vivere bene, e non la santità dei cattolici, nel raggiungere la perfezione del Tao, si astiene dall'agire, come il Tao, per non interferire in nulla nella spontanea dimostrazione della cose e dei fenomeni naturali, principalmente nelle scelte di vita degli altri esseri umani.

    Nel primo capitolo del Tao the ching, Lao distingue tra il Tao eterno che non si può nominare ed il tao che si può nominare, che è la "Madre di tutte le cose". Secondo Chuang tzu, soltanto attraverso il contatto con il Tao misterioso, che è al di là di ciò che esiste e che non si può comunicare né con la parola, né con il silenzio, si impara davvero a vivere: il "Tao dell'uomo" fa perdere la giusta strada. Dice Lao tzu: "quando tutto il mondo riconosce il bene come bene, questo diventa male", in quanto qualcosa che non si ha e che bisogna cercare, fino a che diventa veramente irraggiungibile; più si cerca il bene fuori di sé come qualcosa da conquistare, più si ha bisogno di discutere, studiare,
    capire, analizzare la natura del bene e più ci si addentra in astrazioni e nella confusione di opinioni divergenti; il bene predicato e preteso dal moralista diventa alla fine un male, poiché lo sforzo distoglie la mente dal bene vero che si possiede e che si ignora. la via indicata dal Tao consiste nel cominciare dal bene più semplice che si possiede, l'esistenza; invece di coltivare in modo deliberato qualcosa che svanisce quando la guardiamo e diventa intangibile quando cerchiamo di afferrarla, andiamo avanti tranquilli nell'umiltà di una vita semplice e normale. Il segreto è il wu wei, il non fare, il non agire, che non mira al risultato e non si serve di piani prestabiliti o di sforzi espressamente studiati. Se si è in armonia con il Tao, il Tao cosmico o grande Tao, la risposta arriverà quando sarà il momento di agire, poiché allora non agiremo secondo decisioni umane e coscienti, ma sulla spinta divina e spontanea del wu wei, che è il modo di agire del Tao stesso ed è quindi la fonte di ogni bene. La caratteristica del wu wei non è l'inattività, ma l'"azione perfetta", in quanto azione senza attività: è cioè un'azione che non viene compiuta indipendentemente dall'influsso del cielo e della terra, in conflitto con il dinamismo dell'universo, ma in perfetta armonia con esso; l'azione del Santo non è pura passività, ma è naturale e spontanea in quanto è compiuta nel modo giusto, in perfetto accordo con la nostra natura e con la posizione che occupiamo nello schema del mondo; è del tutto libera, poiché in essa non c'è forza, né violenza; non è condizionata, né limitata dai nostri bisogni e desideri personali e neppure dalle nostre idee e dalle nostre teorie.

    I grandi maestri taoisti non sono fautori della vita eremitica: una vita contemplativa che avesse l'unico scopo di intensificare l'attenzione verso il proprio io e far tendere in modo ossessivo al progresso interiore sarebbe illusoria; è anche ingannevole la vita attiva dell'uomo benevolo che cerca di imporre il proprio concetto del bene a coloro i quali non lo condividono e che quindi diventano ai suoi occhi nemici del bene; la vera tranquillità a cui aspira "l'uomo del Tao" è lo Ying ning, la tranquillità del "fare non facendo", una quiete che trascende la divisione tra azione e contemplazione, nell'unione con il grande Tao.

    L'umiltà vera non è quella untuosa di chi si umilia volutamente con i potenti per trarne beneficio, ma è quella fondamentale, cosmica, di chi è consapevole fino in fondo della propria nullità e dimentica completamente se stesso "come un ceppo d'albero secco", "come morte ceneri"; umiltà cosmica, non solo perché affonda le sue radici nella natura delle cose, ma anche perché è piena di vita e di consapevolezza, pronta a confrontarsi con immensa gioia e vitalità con tutti gli esseri viventi; si manifesta con una semplicità francescana e con l'unione con tutto il creato.

    La condizione ideale nella quale la Virtù, il The, che non ha nulla di etico nel taoismo, ma è equivalente di buona condotta in senso naturalistico e magico, si può dispiegare completamente è che nella Via tutto si sviluppi spontaneamente, senza costrizione. Nel mondo della natura le cose si evolvono in modo continuo e impercettibile; l'uomo, e sopratutto l'uomo eccellente, il principe, deve a sua volta comportarsi in modo tale che nel mondo
    umano tutto si possa evolvere e si sviluppi in modo libero e spontaneo; se, al contrario, egli non si conforma alla corretta condotta rituale, si avrà disordine; il principe deve controllare le sue azioni: non deve agire e quindi fare coscientemente niente che possa contrastare la natura delle cose.

    "Governare Tutto-sotto-il-cielo per mezzo del wu wei, ecco ciò che compì Shun. Come lo compì? Egli assunse un atteggiamento rispettoso sedendosi rivolto verso sud; ed ecco tutto".

    Rivolto a sud, da dove vengono la luce e il calore, è la posizione ideale del principe che gli permette di dare libero corso all'operare del The del cielo e della terra; in questo modo non c'è alcun pericolo che egli possa compiere azioni sconsiderate che potrebbero intralciare l'armonico fluire del corso delle cose. Il Tao the ching si rivolge in primo luogo al Santo, il principe: il taoismo, infatti non sfugge alla preoccupazione, comune a tutto il pensiero cinese, di voler dare regole di vita valevoli per la comunità degli uomini e la conseguenza dell'amministrare con il wu wei nel governo di un paese è di ridurre al minimo l'ingerenza della politica negli affari: "se il popolo è difficile da governare, ne è causa l'attività dei suoi superiori"; "se io pratico il non-agire, il popolo si trasforma da solo". Le misure governative del principe mirano all'abbrutimento del popolo: esso deve essere mantenuto in uno stato di completa ignoranza; il principe Santo si asterrà da qualunque sforzo, inoltre, per ingrandire il suo territorio.

    Ma la non-azione non è una passività, come abbiamo già detto, piuttosto una condizione del più alto potenziale magico. Il wu wei è la Via; la Via è un'idea formale, non è una Causa prima, non è un Logos: è il processo del cambiamento e della crescita dell'uomo; il mondo è un'entità perfettamente dinamica: tutto nella Via è costantemente incostante, essere e non essere, fiorire e appassire, vivere e morire si succedono e si alternano costantemente. L'unica vera costanza è la mutevolezza: tutte le cose sono potenzialmente presenti nella Via ed in essa si sviluppano spontaneamente; non c'è nessuno sforzo, nessun fine. La Via è "costantemente inattiva, eppure non c'è niente che non si faccia": qualsiasi azione cosciente in vista di un fine è in realtà inutile, tutto ciò che si espande e raggiunge la propria pienezza deve perire; c'è quindi più potenzialità di vita e di sviluppo in ciò che è ancora debole, vuoto, vile che in ciò che è forte, pieno, nobile; per questo "il molle prevale sul duro e il debole sul forte". Il Santo, che si identifica il più possibile con la Via, resta inattivo e passivo; egli diventa come un bambino, che è il massimo possessore di The, forza vitale,potenziale, Virtù.

    Lo scopo del taoismo è il raggiungimento dell'immortalità; tale ricerca può essere interpretata in tre modi: ottenere la longevità nella vita terrena, oppure diventare un Santo, che trascende il senso materiale della propria umanità, o ancora, meta più elevata di tutte, unirsi al Cosmo eterno o Realtà suprema.

    L'approccio iniziale è la meditazione, modalità celeste: l'adepto mescola la propria energia vitale con l'energia cosmica dell'universo in un insieme armonico. L'adepto siede nella posizione del loto per far circolare l'energia vitale lungo il "piccolo flusso dell'energia universale"; con la pratica, accumula la propria energia vitale nel campo energetico dell'addome, detto porta dell'energia primordiale; quando, con il tempo, è riuscito a costruire una perla di energia di dimensioni cospicue, la trasporta al campo energetico del cuore o sala gialla; infine, l'adepto trasporta la perla scintillante di energia nel campo energetico del terzo occhio o occhio celeste. Attraverso questi tre stadi di pratica spirituale, l'adepto visualizza la propria perla di energia vitale che assume la forma del suo corpo fisico, detto bambino celeste; in una fase successiva il bambino celeste manifesta la sua coscienza in un corpo astrale e, quando si è completamente sviluppato nella sua copia astrale, l'adepto trasferisce la propria coscienza all'interno di tale copia, che in questo stadio evolutivo è in grado di uscire e rientrare dal bahuin, settimo chakra, al colmo del capo. L'adepto è ora in grado di viaggiare fuori di sé e andare dove desidera senza spostare il suo corpo fisico, senza essere ostacolato dalla materialità. Ma se l'adepto vuole raggiungere la meta più elevata, l'unione con il Cosmo, non trasforma la perla di energia in bambino celeste, ma lascia che si diffonda in tutto il corpo, formando una corrente detta "grande flusso dell'energia universale" e si serve del suo occhio celeste per guardare dentro il corpo fisico e dell'orecchio psichico per ascoltare i suoni interni. Con il progredire dello sviluppo spirituale, il Santo avverte un'energia dorata e vibrante che penetra scintillando in ogni cellula e la sua anima raggiunge un'unità organica e armoniosa con il cosmo.

    La meditazione taoista è fondata sulla visualizzazione: ecco come il filosofo Lu dong bin descrive la propria esperienza cosmica:

    "Nell'immobilità vi è l'infinito, libertà e freschezza di coscienza, inebriata da una pioggia benedetta, perfetta armonia tra corpo e ambiente, una pioggia dorata che sboccia; eppure tutto è in perfetta quiete: la luna piena nel cielo, l'intera grande Terra è un regno di luce e di chiarezza; la mente e il corpo sono limpidi e aperti, la pioggia dorata si espande; nel perfetto silenzio ogni cosa si rivela pienamente di fronte allo sguardo; puro, soffice candore, come aprire gli occhi in un banco di nuvole; guardando il proprio corpo, ci si accorge che non c'è più; l'interno e l'esterno sono trasparenti".

    Il romanticismo taoista è il risultato di un allontanamento dalla società degli affari, con la rinuncia consapevole alle più alte cariche amministrative e di governo a favore di una vita ritirata e speculativa, mentre, dal punto di vista dialettico, l'atteggiamento romantico si trasforma in speculazione filosofica; il pensiero si orienta verso la conoscenza non convenzionale delle
    cose, attraverso una comprensione diretta dei meccanismi della vita, non mediante gli astratti e lineari termini propri del modo rappresentativo. Nell'interpretazione del pensiero taoista, infatti, l'Assoluto non deve essere confuso con l'astratto, ma se affermiamo che il Tao è qualcosa di concreto, cadiamo in errore: per comprendere il punto di vista taoista, occorre avere una visione del mondo non convenzionale: la conoscenza non è contenuta nella nostra coscienza superficiale, quella che noi chiamiamo terza dimensione di coscienza; questa, infatti, può rappresentarsi e apprendere le forme della realtà con una sola astrazione di pensiero per volta, mentre è necessario estendere la comprensione ad una visione di sé e del mondo libera dalle costrittive identificazioni della mente. Il Tao è la prima fonte di tutto, l'origine del non creato che crea ogni cosa, la forza oltre la forza che scorre attraverso il mondo, ritornando alle proprie origini; è l'eterno ultimo, al di là dell'Unità e dell'Uno e al di là del linguaggio; non è una divinità creatrice, ma crea, poiché è l'essenza reale di tutte le cose: non intraprende l'azione di creare, ma le cose emergono come suo risultato.

     

    IL CONFUCIANESIMO PRIMA DI CONFUCIO

    Pochi sono gli aspetti della filosofia di Confucio che non si possano trovare nel pensiero di uomini vissuti prima di lui; grande era infatti il suo rispetto per gli avi, grande la sua considerazione del ruolo degli antenati. Ma dell'epoca S'ang, nel XII secolo a.C. ci rimangono soltanto ossa incise e nulla che somigli ad un documento; ed era un'epoca in cui sembrava normale sacrificare agli antenati anche esseri umani, se essi erano ciang, i barbari pastori del nord-ovest; e nel 1122 a.C., non a caso, proprio una coalizione di ciang sconfisse i crudeli S'ang. Questo avvenimento conferì alla civiltà cinese un nuovo impulso che produsse anche documenti di carattere letterario. Nel maggior numero di casi si tratta di atti di cancellerie e discorsi di re, nei quali è già possibile decrittare un'etica. Due sono i testi fondamentali del periodo preconfuciano: il Libro degli Annali e il Libro dei Mutamenti.

    Il Libro dei Mutamenti è un manuale di divinazione; il testo si compone di una parte fondamentale attribuita al re Chou e di alcune appendici chiamate in cinese "le dieci ali". Il testo è assolutamente incomprensibile e fa riferimento alla posizione di rametti di Achillea disposti in esagrammi dalla disposizione dei quali il Saggio ricavava risposte per i postulanti.

    Dal Libro degli Annali, invece, possiamo avere una visione del mondo antico cinese più chiara: nel capitolo Kao Yao Mo per esempio, si riporta il ritratto del perfetto sovrano: capacità di governare, rettitudine, docilità, fermezza, semplicità, indulgenza, diligenza, condiscendenza; chi riunirà in sé queste nove virtù avrà il mandato celeste, chi ne possiede sei potrà governare un principato, con meno di tre non è possibile avere autorevolezza neanche nella propria famiglia.

    Un altro capitolo, il Hong Fan, la Grande Regola, ci offre una visione del pensiero cinese in cui corrispondenze e interrelazioni collegano in modo indissolubile l'uomo alla natura e il corpo alla psiche. A ciascuno dei cinque elementi: acqua, fuoco, legno, metallo, terra, corrisponde un'attività celeste: pioggia, sole, vento, secchezza, umidità e un organo di senso umano: udito, parola, vista, odorato, gusto, ma ad essi corrispondono anche la serietà, l'ordine, il discernimento, la prudenza, l'accordo, la Santità; pensatori e ritualisti dei tempi elaborarono un sistema particolareggiato che mette in relazione fra loro i punti cardinali, i colori, i sapori, gli odori, gli alimenti vegetali, gli animali, le note, i numeri, gli organi e i visceri.

    Ci occupiamo adesso, con un breve excursus, della teoria dei cinque elementi, con i fondamentali riferimenti alle altre culture.

    Nella Grande Regola all'Acqua, Shui, corrispondono il nord, il colore nero, il sapore salato, l'odore della putrefazione, i legumi, l'inverno, il rene, l'udito, la paura, il gemito, la funzione della depurazione. Shui si manifesta ai capelli e si apre alle orecchie, determina l'equilibrio energetico e la potenza sessuale e costituisce la frontiera dei liquidi organici; la sua anima è zhi, la volontà; il suo corpo sottile è il causale; il suo alimento è la consapevolezza, il suo chakra è l'ipogastrico; la sua evoluzione è l'attività con periodi di solitudine e di riflessione, la sua virtù è la saggezza. Per i cinesi, l'acqua è il Wu-qi, il senza culmine, il caos primitivo. Wen-tsu scrive: "la natura dell'acqua la porta alla purezza"; e per il Tao-te-ching, l'acqua è il simbolo della virtù suprema; è anche simbolo della saggezza taoista, perché è pienamente libera e senza costrizioni e si lascia scorrere seguendo la pendenza del terreno; e rappresenta anche la misura, perché ad un vino troppo forte bisogna aggiungere acqua, anche se si tratta del vino della conoscenza.
    L'acqua che si oppone al fuoco è yin: corrisponde al Nord, al freddo, al solstizio d'inverno, ai reni, al colore nero, al trigramma k'an che significa abissale. Ma è anche legata al fulmine, che è fuoco: quindi, se la riduzione all'acqua degli alchimisti cinesi può essere considerata un ritorno allo stato primordiale, l'acqua è anche fuoco e le abluzioni alchimistiche sono purificazioni attraverso il fuoco.

    L'acqua ha per tutte le civiltà e le religioni numerose valenze simboliche; i significati simbolici dell'acqua si possono riferire a tre temi fondamentali: sorgente di vita, mezzo di purificazione, centro di rigenerazione.

    In India, l'acqua è la materia prima, la Prakriti. Il Brahamanda, l'Uovo del mondo, è covato alla superficie delle acque; in modo analogo, nella Genesi lo spirito di Dio aleggia sulla superficie delle acque. La nozione di acque primordiali, di oceano delle origini, è universale: la troviamo anche in Polinesia e in tutti i popoli dell'Europa e dell'Asia che individuano nell'acqua la potenza cosmica, l'origine e il veicolo di ogni forma di vita: dono del cielo, simbolo di fecondità e fertilità.
    Anche la concezione dell'acqua come strumento di purificazione rituale è di tutti i popoli: dall'Islam al Giappone dei riti degli antichi fu-shui taoisti, nelle aspersioni di acqua benedetta del cristianesimo, l'abluzione ha una funzione fondamentale; in India e in tutto il Sud-est asiatico, l'aspersione delle statue sacre e dei fedeli, specialmente a Capodanno, è insieme rito di purificazione e di rigenerazione.

    Nella tradizione ebraica, e poi cristiana, l'acqua simboleggia l'origine della creazione; la lettera Men (M) ebraica è il simbolo dell'acqua madre, fonte di tutte le cose: essa manifesta il trascendente ed è una manifestazione del sacro. Ma, secondo l'ambivalenza presente in ogni cosa, l'acqua è fonte di vita, ma anche fonte di morte; è quindi, creatrice e distruttrice. Nella Bibbia i pozzi nel deserto, le sorgenti che si presentano ai nomadi sono luoghi di gioia e di meraviglia; il peregrinare degli ebrei nel deserto è come il peregrinare di ogni uomo sulla terra e ambedue sono in contatto interiore ed esteriore con l'acqua, centro di pace e di luce: i fiumi sono agenti di fecondazione di origine divina, la pioggia e la rugiada manifestano la benevolenza divina; l'acqua è richiesta nella preghiera, il dovere d'ospitalità esige che al visitatore sia offerta dell'acqua fresca e che gli si lavino i piedi; tutto l'Antico Testamento celebra la meraviglia dell'acqua, il Nuovo accoglierà e svilupperà questo retaggio.

    Vi è poi l'acqua della saggezza, che è nel cuore del saggio, che è simile ad un pozzo o a una sorgente (Proverbi,20) e le cui parole hanno la forza di un torrente (Proverbi,18). L'acqua diviene simbolo della vita spirituale offerta da Dio e spesso rifiutata dagli uomini, secondo il simbolismo espresso da Gesù nell'incontro con la Samaritana: "Chiunque berrà dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete, diverrà in lui fonte di vita eterna" (Giovanni, 4). Gesù è la sorgente: "Se qualcuno ha sete venga da me e beva" (Giovanni, 7) . L'acqua viva, l'acqua di vita si presenta come un simbolo cosmogonico: poiché purifica, guarisce, ringiovanisce, essa introduce all'eternità. L'acqua del Battesimo lava i peccati e fa accedere allo stato di uomo nuovo; la scomparsa del vecchio uomo è come un diluvio, perché è scomparsa e cancellazione, un'epoca scompare e un'altra sorge; l'immersione nell'acqua è rigeneratrice, ma è contemporaneamente vita e morte. In alcuni casi, l'acqua fa opera di morte, con lo scatenamento delle più grandi catastrofi; allora l'acqua colpisce i peccatori, ma non colpisce i giusti che nulla hanno da temere; le acque amare dell'oceano indicano l'amarezza del cuore.

    Il Corano designa l'acqua che cade dal cielo come uno dei segni divini, nei giardini del paradiso scorrono fonti e ruscelli di acqua viva e anche l'uomo è stato creato da un'acqua versata.
    Per gli Aztechi, il sangue umano è "acqua preziosa", e l'acqua è seme divino, luce, verbo generatore;

    presso i Celti, l'acqua lustrale che i druidi usavano per allontanare i malefici era ottenuto spegnendo nell'acqua un tizzone tratto dall'altare dei sacrifici, mentre nei testi irlandesi, l'acqua è sottoposta ai druidi che hanno il potere di "legare e slegare" le loro fonti.

    Al Legno, Mu, sede dell'anima hun, idea creatrice, corrisponde l'est, il vento, la primavera, il fegato, gli occhi, il colore verde, il sapore acido, l'ira e le grida, l'odore fetido; la sua funzione è la disintossicazione, si manifesta alle unghie e si apre agli occhi; nella medicina cinese il fegato è il generale che inventa le strategie operative e la cistifellea il giudice che prende le decisioni; il suo alimento è l'ascesi, l'evoluzione è l'intuizione che porta alla comprensione degli altri esseri e la virtù è la bontà; il suo chakra è il cardiaco e il suo corpo sottile è l'atmico. Corrisponde allo scuotimento del mondo e della natura: la vegetazione spunta dalla terra e il tuono vi si cela; è il risveglio dello yang e l'inizio della sua ascesa. Il Chien Mu, l'albero diritto, è al centro del mondo e ai suoi piedi non vi sono né ombra, né echi: ha nove rami, nove radici con le quali raggiunge nove cieli e nove fonti, dimore dei morti; attraverso di esso salgono e scendono i sovrani mediatori tra cielo e terra. L'albero legato raffigura l'unione dello yin e dello yang e l'albero i cui rami si confondono dopo essersi separati raffigura la differenziazione seguita dal ritorno all'unità.

    Il simbolismo del legno in tutte le civiltà rimane costante nel celare una saggezza e una scienza sovrumane; è per eccellenza la trasposizione della materia nel linguaggio popolare nato dalle tradizioni artigianali della lavorazione del legno.

    In India è un simbolo della sostanza universale, della materia prima; in Grecia, la parola hyle, legno, ha lo stesso significato esoterico. Nella liturgia cattolica il legno viene usato come sinonimo della croce e dell'albero: per esempio, nel Prefazio della Domenica delle Palme, si dice: "Che il nemico, vittorioso mediante il legno, sia vinto egli stesso dal legno". Nelle tradizioni nordiche il legno e l'albero partecipano alla scienza: la nocciola è un frutto di saggezza e le bacchette di nocciolo sono usate per la magia, mentre la betulla e il melo sono gli alberi del sapere.

    Il legno è il cosmo vivente in continua rigenerazione, simbolo di vita in evoluzione e in ascensione verso il cielo; rappresenta il carattere ciclico dell'evoluzione cosmica, morte e rigenerazione; esso mette in comunicazione i tre livelli del cosmo: il sotterraneo, per le radici che scavano nelle profondità in cui affondano; la superficie della terra per il tronco e i primi rami; e il cielo per i rami superiori e la cima attirata dalla luce del sole.
    Il legno riunisce tutti gli elementi: l'acqua circola con la linfa, la terra si integra al suo corpo attraverso le radici, il metallo costituisce la sua struttura, il fuoco si sprigiona da esso con lo strofinamento.

    In quanto simbolo di vita, il legno è la madre, la fonte, il principio primordiale, la forza creatrice, cantatrice, nutritrice e divorante, in continua trasformazione e ambivalenza: l'albero della vita è anche l'albero della morte, l'albero della conoscenza del bene e del male, cioè dell'universalità del sapere, per il quale Adamo commise il primo peccato e corrisponde all'albero della sottomissione dello spirito alla volontà del Padre, alla Croce grazie alla quale viene riscattato questo primo peccato.

    Nel simbolismo contemporaneo, il legno rappresenta l'evoluzione vitale dalla materia allo spirito, dalla ragione all'anima santificata; ogni crescita fisica, ciclica o costante, ogni forma di maturazione psicologica, il sacrificio e la morte, ma anche la rinascita e l'immortalità.

    Secondo l'Yi ching al Fuoco, Huo, sede dello spirito o shen, corrisponde la direzione sud, il caldo, l'estate, il cuore, la parola, il colore rosso, il sapore amaro, la gioia, le risate. l'odore rancido; regola la circolazione ed è il sovrano; lo shen è l'equanimità; il fuoco si manifesta alla lingua e al viso; l'evoluzione è l'aiuto agli altri nei problemi del vivere e la scelta di vita è la compassione e la calma interiore. Il riferimento al cuore è costante, sia che il fuoco rappresenti le passioni, specialmente l'amore e la collera, nutrimento del corpo astrale, sia che rappresenti lo spirito, incarnato nel corpo mentale, che è anche il soffio, il trigramma li o la conoscenza intuitiva; il suo chakra è il solare.

    Il significato naturale del fuoco va dalle anime erranti come i fuochi fatui, lanterne dell'estremo Oriente fino allo Spirito divino: "Brahma è identico al fuoco" dicono le scritture.

    Il fuoco è il simbolo divino essenziale di tutte le religioni: la custodia del fuoco sacro va dall'antica Roma all'Asia; il simbolo del fuoco purificatore si sviluppa in ogni civiltà; la liturgia cattolica del "Fuoco nuovo" è celebrata nella notte di Pasqua, mentre quella degli shintoisti coincide con il rinnovarsi dell'anno; e la Pentecoste è la liturgia delle lingue di fuoco dello Spirito Santo.

    Al fuoco sacrificale dell'induismo, il Buddha sostituisce il fuoco interiore, che è nello stesso tempo conoscenza penetrante, illuminazione e distruzione dell'involucro: "Attizzo in me una fiamma… Il mio cuore è l'astro, la fiamma è il sé domato" (Samyuttanikaya); nelle Upanishad troviamo che "bruciare esteriormente non è bruciare" ed ecco il "fuoco interiore" del tantrismo tibetano che considera solo cinque centri sottili e fa di nuovo corrispondere il fuoco al cuore; anche per gli induisti, la condizione dell'essere che corrisponde al sogno e allo stato sottile deriva da tejas, fuoco; ed esso ha la funzione di portare le cose allo stato sottile, mediante la combustione dell'involucro grezzo; è evidente il collegamento con la formula alchemica cinese per la quale l'unione di acqua e fuoco produce il vapore; il fuoco è del cielo perché sale e quindi è di origine terrena e di destino celeste, mentre l'acqua è della terra perché scende sotto forma di pioggia ed è quindi di origine celeste e di destino terreno.

    In Cina l'alchimista crea l'immortalità sul fuoco del fornello e sul fuoco del crogiolo interiore che corrisponde al plesso solare o al Manipura chakra che lo yoga pone sotto il segno del fuoco.

    I taoisti entrano nel fuoco per liberarsi dal condizionamento umano, apoteosi che richiama il carro di fuoco, che è carro psichico e carro alato dell'anima, di Elia, innalzato al cielo in un turbine; i taoisti penetrano nel fuoco senza bruciarsi, il che consente di chiamare la pioggia, come benedizione celeste.

    I riti di purificazione per mezzo del fuoco sono riti di passaggio caratteristici delle culture agrarie; rappresentano infatti gli incendi dei campi che si adornano poi del manto verde della natura viva.

    Il fuoco ottenuto per strofinamento è considerato in tutte le civiltà il risultato dell'unione sessuale; Bachelard dice: "prima di essere figlio del legno, il fuoco è figlio dell'uomo; il metodo dello strofinamento appare come naturale, poiché l'uomo vi accede per la sua stessa natura; il fuoco fu scoperto in noi prima di essere strappato dal cielo."

    Il fuoco ottenuto per percussione si associa al lampo o alla saetta ed ha un valore di purificazione e di illuminazione, è il prolungamento igneo della luce; puro e fuoco sono in sanscrito la stessa parola e a questo fuoco spirituale si collegano il sole, i fuochi di elevazione e di sublimazione, ogni fuoco che trasmette un'intenzione di purificazione e di luce, si oppone al fuoco sessuale, ottenuto per frizione, come la fiamma purificatrice si oppone al centro genitale del focolare matriarcale, come l'esaltazione della luce celeste si distingue dal rituale di fecondazione agraria; il simbolo del fuoco così orientato segna la tappa più importante dell'intellettualizzazione del cosmo e allontana sempre più l'uomo dalla condizione animale. Il Fuoco diventa così Dio vivente e quindi Cristo e per altri Agni o Athor.

    Il Fuoco è la migliore immagine di Dio, la meno imperfetta delle sue rappresentazioni; dice Dionigi l'Areopagita: "la teologia pone le allegorie tratte dal fuoco quasi al di sopra di tutte le altre; essa non ci presenta solo ruote in fiamme, ma anche animali ardenti e uomini folgoranti; essa immagina intorno alle sue essenze celesti tizzoni di brace ardenti e fiumi turbinanti di fiamme con rumore assordante; i Troni sono ardenti e i Serafini sono intelligenze superiori incandescenti; l'immagine del fuoco esprime nel modo migliore come le intelligenze celesti si conformano a Dio." (Pseo 236,237)

    Come il sole con i raggi, così il fuoco con le fiamme è il simbolo dell'azione fecondante, purificatrice e illuminante; ma ha anche un aspetto negativo: oscura e soffoca con il fumo, brucia, divora, distrugge; è il fuoco delle passioni, della punizione, della guerra.

    Il fuoco terreno è il simbolo dell'intelletto, cioè la coscienza in tutta la sua ambivalenza: "la fiamma che sale verso il cielo raffigura lo slancio verso la spiritualizzazione; l'intelletto
    nella sua forma evolutiva segue lo spirito, ma la fiamma può vacillare e perciò il fuoco si presta anche a raffigurare l'intelletto che si dimentica dello spirito; il fuoco che fuma e divora è il simbolo dell'immaginazione esaltata, il subcosciente, la cavità sotterranea, il fuoco infernale, l'intelletto nella sua forma ribelle e tutte le forme di regressione psichica; ma il fuoco, in quanto brucia e consuma, è contemporaneamente un simbolo di purificazione e rigenerazione, aspetto positivo della distruzione, con un nuovo rovesciamento del simbolo; anche l'acqua, come abbiamo già visto, è purificatrice e rigeneratrice, ma il fuoco si distingue da essa in quanto rappresenta la purificazione attraverso la comprensione nella forma più spirituale, attraverso la luce e la verità; l'acqua rappresenta la purificazione del desiderio nella forma più sublime, la bontà." (Dies 37,38)

    La Terra, Tu, si oppone simbolicamente al cielo come principio passivo al principio attivo; aspetto femminile all'aspetto maschile della manifestazione; oscurità alla luce; yin allo yang, la tendenza discendente alla tendenza ascendente, la densità, la condensazione e la fissazione alla natura sottile e volatile e alla dissoluzione.

    Secondo l'Yi Ching corrisponde all'esagramma k'un, la perfezione passiva, che riceve l'azione del principio attivo ch'ien; la terra sostiene, il cielo copre; tutti gli esseri ricevono la nascita da lei, poiché essa è femmina e madre, ma è completamente sottomessa al principio attivo del cielo; la terra è la matrice che concepisce il metallo. Nella cultura cinese, la terra ha una forma quadrata, determinata dai suoi quattro orizzonti. Così, anche l'impero cinese è quadrato, suddiviso in quadrati e rappresentato al suo centro dal quadrato nel Ming-t'ang. Il mondo cinese è fatto da quadrati a incastro: cort, elif, grad, guem, gues.
    All'inizio la teoria della generazione degli elementi vedeva la Terra al centro e gli altri quattro ai vertici di un quadrato; questa raffigurazione venne trasformata dai Confuciani nella attuale a cinque punte, con la Terra spostata dal centro ad un vertice.
    La Terra è la sede dell'anima Ji, il raziocinio; corrisponde alla tarda estate, all'umido, al colore giallo, alla milza, al sapore dolce, all'empatia, al canto, al gusto, all'odore di fiori; si manifesta alle labbra e si apre alla bocca; il suo compito è discernere e inviare; l'evoluzione è raggiungere una profonda unione con il cosmo e con la natura; la virtù è l'amore filiale; corrisponde al corpo fisico e il suo chakra è il sacrale.

    La terra è la sostanza universale, Prakriti, il caos primordiale, la materia prima separata dalle acque, secondo la Genesi; ricondotta alla superficie delle acque dal cinghiale di Visnù; coagulata dagli eroi mitici dello Shintoismo, materia con cui il creatore Niu-kua modella l'uomo in Cina. Rappresenta la funzione materna in ogni religione, sorgente dell'essere e della vita, protettrice contro ogni forza di annientamento. Alcune tribù africane hanno l'uso di mangiare la terra come simbolo di identificazione: dalla terra mangiata nasce il fuoco.

    E' sempre un simbolo di fecondità e di rigenerazione e si distingue rispetto alle acque che si trovano all'origine delle cose in quanto le acque precedono l'organizzazione del cosmo, mentre la terra produce le forme viventi; le acque rappresentano la massa dell'indifferenziato, la terra i germi della diversità; i cicli acquatici abbracciano periodi più lunghi dei cicli tellurici nell'evoluzione generale del cosmo.

    La denominazione di Terra Santa si applica per i Giudei e i Cristiani alla Palestina, ma essa comporta omologie in altre tradizioni: in tutti i casi si tratta di centri spirituali corrispondenti al Centro del mondo proprio a ciascuna tradizione, riflesso del centro primordiale o del Paradiso terrestre: e' sempre la terra promessa, uno dei poli dello spirito, la terra del raggiungimento, che è anche quella delle origini.

    Il Metallo, Jin, è concentrazione e raccolta, rinnovamento e pulizia, soffio vitale e memoria genetica nell'anima Po; corrisponde all'ovest, all'aridità all'autunno, al polmone, al colore bianco, al sapore piccante, alla tristezza, al pianto, all'odorato; si manifesta alla pelle e si rivela con la voce; il suo chakra è il laringeo; l'evoluzione è la capacità di vedere le cose in modo intuitivo e globale, la virtù è la fedeltà; il suo corpo sottile è l'eterico. L'origine dei minerali, il rapporto della forgia con il fuoco sotterraneo e quindi con l'inferno, è significativo per il significato simbolico del termine la cui radice me è il nome più antico dato alla luna, e per il suo intrinseco simbolismo come materia metallo. Questo infatti si basa sulla purificazione e sulla trasmutazione, come pure sulla funzione cosmologica della trasformazione: il metallo puro che si libera dal metallo grezzo è "lo spirito che si libera dalla sostanza per diventare visibile". I metalli sono soggetti a subire trasformazioni il cui fine, in alchimia, è di trarne il "soffio"; la fusione dei metalli è paragonabile alla morte, il "soffio" estratto rappresenta la virtù, cioè il nucleo o lo spirito del metallo.

    In Cina, l'operazione della fusione è assimilata alla conquista dell'immortalità e da qui trae origine il simbolismo alchemico; in cinese, il carattere chin, che raffigura frammenti di minerale nella terra, ha indifferentemente il significato di metallo o di oro; tuttavia, se l'oro è lo yang puro, l'elemento metallo è di essenza yin.

    "Fondete l'universo e riformatelo" esattamente "solve et coagula" dice il rituale di una società segreta: l'influenza alternata di cielo e terra, aspetto yang e aspetto yin; la lega è unione, i metalli divengono sostanze viventi, lo spirito minerale è nei metalli.

    I metalli sono gli elementi planetari del mondo sotterraneo, i pianeti sono i metalli del cielo, ecco il collegamento tra essi che in un ordine ascendente è:

    piombo

    Saturno

    stagno

    Giove

    ferro

    Marte

    rame

    Venere

    mercurio

    Mercurio

    argento

    Luna

    oro

    Sole

    I metalli divengono così il simbolo delle energie cosmiche solidificate e condensate con influenze e attributi diversi.

    In Cina si ritiene che l'oro nasca dalla terra: il carattere chin evoca le pepite sotterranee, è il prodotto della gestazione lenta di un embrione, è il figlio dei desideri della natura e l'alchimia si limita a completare accelerare la trasmutazione naturale, non crea la materia originaria; l'ottenimento del metallo prezioso non è il fine ricercato dai veri alchimisti; il colore simbolico cinese dell'oro non è il giallo, che corrisponde alla terra, ma il bianco e la trasmutazione è una redenzione che simboleggia la trasformazione dell'uomo da parte di Dio in Dio: questo è lo scopo mistico della alchimia spirituale dei veri alchimisti cinesi.
    L'oro-luce è il simbolo della conoscenza, lo yang essenziale e, attraverso la conoscenza, l'uomo raggiunge l'immortalità terrena.

     

    IL CONFUCIANESIMO

    Il mondo in cui Confucio ha insegnato la sua dottrina era caratterizzato da conflitti armati, negoziati e congiure di palazzo in un paese spezzettato in signorie in continua lotta tra loro. Nelle corti, fra le insidie che si tendono i grandi, fra le concubine e gli eunuchi, nessun sentimento di dignità, nessuna tenerezza filiale, nessuna pietà e nessuna devozione, ma soltanto agguati, imboscate e assassini. Non possiamo dire che il mondo sia molto cambiato da allora, ad oriente e ad occidente, malgrado gli sforzi che grandi uomini come Confucio hanno fatto per cercare di far ragionare gli uomini sulla vera essenza della vita.

    Quando si guardava intorno, il Maestro non si poteva rallegrare dello spettacolo: pochi seguivano la Via, amavano la carità, avevano rispetto per le tradizioni; malgrado questo, egli proclamò con forza le più consolanti verità: per quanto gli uomini siano indegni, ognuno di essi può conoscere e seguire la Via: "La natura umana tende al bene come l'acqua segue il pendio"; "La Via è in voi e la cercate lontano, sta nelle cose facili e la cercate nelle difficili".

    Confucio ebbe molti discepoli e molta fama; gli si attribuiscono, non senza speculazioni polemiche di attribuzione, questi testi filosofici: compilazione degli Analecta o Dialoghi e riordino del Libro delle Odi, del Libro degli Annali, del Libro dei Riti, del Libro della Musica, del Libro dei Mutamenti e del Libro di Primavera e Autunno; questi testi usati e rivisti furono il fondamento della sua attività di Maestro di: regole del buon governo scrittura, calcolo, tiro con l'arco, guida dei carri, musica e danza.

    Ebbe vita travagliata e colma di delusioni, ma non cedette mai alla tentazione di smettere di insegnare l'etica: a trent'anni, mentre dimorava nello stato di Lu, venne in visita King, il duca del Ci, e lo interpellò sulla politica. Egli rispose: è necessario governare con rettitudine e giustizia; il principe deve agire da principe, il ministro da ministro, il padre da padre e il figlio da figlio.

    A sessantatre anni in occasione di un incarico di governo presso il principe del Wei ad un discepolo che gli chiedeva quale sarebbe stato il suo primo compito, Confucio rispose che l'essenziale era correggere i nomi delle cose, poiché se i nomi sono sbagliati, i discorsi sono incoerenti; se i discorsi sono incoerenti, gli affari sono compromessi; se gli affari sono compromessi, riti e musica vengono trascurati; se i riti e la musica vengono trascurati, castighi e pene risultano inadeguati; se castighi e pene sono inadeguati, il popolo non ha più guida.

    L'essenza del sovrano sta nelle qualità ideali che deve possedere e che formano la Via del sovrano; se egli segue questa direzione è veramente sovrano, sia di fatto che di nome, perché vi è accordo tra nome e realtà. In caso contrario non è sovrano vero, anche se il popolo lo considera tale. Ogni nome, nelle relazioni sociali, implica certe responsabilità e certi doveri.

    Terminologia corretta: dare alle parole il loro vero significato e ottemperare ai doveri del proprio ceto.

    Come tutti i Grandi, Confucio non apprezza nulla che non sia naturale; discorsi studiati e atteggiamenti predisposti sono da evitarsi poiché costituiscono il mezzo per lasciarsi sfuggire la perfetta virtù; cerimonie e pratiche del rito non hanno alcun valore se non sono animate dal sentimento, perché ciò che conta è solamente la rettitudine dell'intenzione e la purezza del cuore. Nei luoghi dove Confucio assolveva a compiti di amministrazione,se un oggetto cadeva per la strada nessuno lo raccoglieva per appropriarsene: appare quindi evidente il legame tra etica e politica predicato ed attuato nel governo di una piccola città. La virtù, alla quale non smette di riflettere e di uniformarsi, prescrive la cura della persona e si manifesta con la salute e il sorriso.
    Confucio condanna i politicanti del suo tempo e li chiama: piccoli cervelli che non meritano si parli di loro, ma non è spinto da estetismo o ascetismo: egli ha a cuore le riforme; afferma di amare gli antichi ed i loro insegnamenti, ed è logico, poiché, quando non vi è nulla da salvare nel presente, il ritorno al passato può essere un mezzo per affrontare l'avvenire. Senza stancarsi mai, il Maestro ritorna sulle qualità del sovrano perfetto: perfezionare se stessi e diffondere la cultura e l'educazione nel popolo non è facile; tuttavia è questa l'essenza della funzione del sovrano: sono io padrone di me come dell'universo? Sì, perché se sono padrone di me lo sono anche dell'universo o almeno sono degno di diventarlo. Alle formule: la politica innanzitutto e l'economia innanzitutto, Confucio oppone il principio: la morale innanzitutto. Chi vuole governare deve innanzitutto governare se stesso: su questo punto il Maestro
    è intransigente: chi governa con la virtù è come la stella polare che resta fissa mentre intorno ad essa si muovono tutte le altre.
    Poiché non distingue la morale dalla politica, rimane deluso non per non essere stato convenientemente apprezzato e adoperato come governante, ma perché i suoi insegnamenti non vengono applicati; denaro, onori e potere contano meno della saggezza e della virtù.
    Ma che cosa è la virtù per Confucio? E' la capacità di praticare i riti, magari pochi, ma in modo scrupoloso; è la buona educazione, i cui valori danno fascino ed armonia alla vita; è la capacità di essere coraggiosi, costanti, fedeli, integri, diligenti e generosi, ma anche di essere prudenti nel mettere a frutto tutte queste qualità.

    Altra cosa ancora è la virtù perfetta, la virtù di ren, l'umanesimo, in cui tutte le precedenti caratteristiche si fondono con la giustizia più vera, quella che contempla perfezione e carità e che quindi ha come proprio fondamento l'amore per il prossimo.

    La saggezza nasce poi dalla conoscenza; per avere un perfetto uomo superiore occorre che oltre ad esercitare la virtù di ren, egli sappia studiare, avere la consapevolezza del proprio sapere, saper riconoscere le proprie lacune di conoscenza, mettere prima in pratica il bene e solo dopo insegnare ad altri; deve inoltre avere molto tatto nel parlare e molta vitalità nell'agire.

    Non può mancare nello studio della filosofia confuciana un accenno al significato di Tao, che si distingue in modo notevole dall'interpretazione taoista e non ha nulla di immanente; il Tao è strada o sentiero nel senso originale, ma negli Analecta significa anche: via, mezzo per raggiungere un fine, seguire una strada, la strada della virtù, il principio della saggezza, la ragione retta, la virtù perfetta, dottrina, principio, regola, ragion d'essere, azione, influsso, dire, parlare, raccontare, spiegare, governare, dirigere. E diventa quindi il miglior modo di agire che l'uomo possa mettere in atto; il Maestro dice infatti che tutto passa e niente si ferma mai, ma che colui che ha compreso al mattino il Tao, può alla sera morire contento; immerso nella vita che scorre, il saggio dunque vive e comprende a pieno il suo tempo. Confucio non si occupò del Tao misterioso, ma del Tao dell'uomo: intrecciare tra loro i desideri del proprio io con quelli degli altri, un Tao etico, l'attuazione di un principio di amore e di giustizia; ma non è il Tao del Cielo.
    Confucio era convinto che se si instillavano i segni esteriori del comportamento corretto in uno Stato, questo avrebbe eliminato i peggiori aspetti dell'individualismo reale e della corruzione individuale; egli viaggiò per buona parte della sua vita cercando di insegnare ai governanti i segreti della corretta amministrazione e di guidarli alla condotta più consona e all'osservanza dei rituali, sperando di riformare o rimodellare l'uomo interiore. Nonostante il fallimento di questa missione, il periodo degli Stati combattenti diede un impulso sempre maggiore ai suoi insegnamenti, che offrivano un'alternativa alquanto rasserenante rispetto all'anarchia e all'egoismo imperanti a quell'epoca.

    Uomo dagli interessi politici e sociali, egli fu considerato l'antitesi del tradizionale approccio taoista alla vita: non cercava di plasmare uomini identici ma tentava piuttosto di scoprire le attitudini di ciascuno di coloro che si rivolgevano a lui per consiglio e per studio; osservava gli allievi nelle loro qualità e nei loro difetti: si impegnava a stimolarli per correggersi e per sviluppare al meglio le doti positive; egli non discetta di una morale statica uguale per tutti, ma la costruisce laboriosamente ed in modo armonioso per ciascuno. Ma il suo allievo ideale è colui che non commette mai lo stesso errore due volte.
    La filosofia classica Ju di Confucio prevede tutti i doveri e i rapporti sociali che fanno parte integrante dell'uomo e ne sviluppano il potenziale affettivo. Nell'obbedire all'imperativo della natura così come viene manifestato dalla tradizione, l'uomo sviluppa la sua capacità di amore, di comprensione, di rispetto e di saggezza e diventa un "Uomo superiore", che è in perfetta armonia con il cielo, la terra, il suo sovrano, i suoi genitori, i suoi figli ed il suo prossimo grazie all'obbedienza al Tao.

    Quattro sono le virtù fondamentali dell'uomo superiore: la prima consiste in un amore devoto e profondo, capace di autentica empatia, cioè di partecipare ai problemi degli altri come se fossero i propri, lo Jen.

    La seconda virtù è Yi, senso della giustizia, del dovere, dell'impegno verso gli altri, che deve essere disinteressato. L'uomo superiore non agisce in base al proprio tornaconto, ma perché spinto da un imperativo morale incondizionato.

    La terza virtù predicata dallo Ju è il Li: qualcosa di più della semplice rettitudine esteriore e formale, la capacità, cioè, di servirsi di forme rituali per esprimere a pieno l'amore e l'impegno verso i genitori, il re, il popolo, e il Cielo-Terra; è una contemplazione liturgica della struttura metafisica della persona, della famiglia, della società e del cosmo. Gli antichi liturgisti cinesi "osservavano tutti i movimenti all'interno del cielo, facendo attenzione soprattutto alle interpenetrazioni che vi avvenivano, per effettuare i rituali giusti" (Fung Yu Lang).

    C'è infine la saggezza, Chih, che include tutte le altre virtù in una comprensione adulta della via del cielo, grazie alla quale l'uomo con anni di esperienza è in grado di seguire i suoi desideri senza disobbedire al Cielo. E' lo stesso concetto che Sant'Agostino esprime nell'"Ama e fa ciò che vuoi"; Confucio stesso ammette però di esserci arrivato a settant'anni.

     

    DIFFERENZE TRA LE DUE SCUOLE

    Osserviamo adesso in modo più preciso le differenze tra la scuola confuciana e quella taoista.

    La scuola di Lao tzu domina nella metafisica: Lao tzu specula sull'origine dell'uomo e la sua trasformazione; trionfa nell'uso della fantasia.
    La scuola di Confucio studia la politica, il perfezionamento dell'uomo per il raggiungimento della felicità, trionfa nelle attività socialmente vantaggiose.

    Nell'ossessiva e disumana ricerca dell'assoluto, il taoismo giunge a negare il concetto di carità; dice Lao: "Il Cielo e la Terra non usano carità: tengono le creature per cani di paglia. Il Santo non usa carità e tiene il popolo per cani di paglia."

    L'atteggiamento della scuola confuciana è opposto: per ogni essere umano, il perfezionamento della propria persona è mezzo per il perfezionamento universale; la morale confuciana, perciò, è attiva e propugna lotta, sforzo e azione, attraverso le quali ogni essere può pervenire all'armonia interiore e, proiettandola nel mondo, e quindi usando la carità, portare all'armonia di tutti gli esseri viventi.

    Il confucianesimo presiede, quindi, al compito socialmente necessario di forzare la spontaneità originale della vita nelle rigide regole della convenzione: un compito che implica non soltanto conflitto e pena, ma anche la perdita di quella peculiare naturalezza e incoscienza di sè per la quale i bambini sono tanto amati e che può essere riguadagnata dai santi e dai saggi.

    La funzione del taoismo è di rimediare all'inevitabile danno di questa disciplina e, non solo di restaurare, ma anche di sviluppare la spontaneità originale o "identità con noi stessi". Infatti la spontaneità del bambino è ancora infantile, come ogni altra cosa che lo riguardi. L'educazione incrementa in lui la rigidezza, non la spontaneità. Ma il taoismo non è mera rivolta contro le convenzioni: è una via di liberazione che non respinge le convenzioni, ma impedisce che esse siano fuorvianti: usare le convenzioni, ma non permettere di essere usati.

    Il Santo taoista è il contrario del Santo confuciano che si assoggetta a sforzi per riformare il mondo mediante un'azione ispirata alle virtù morali; il taoista si comporta come un folle ispirato, un idiota, un individualista che si tiene lontano dal mondo e dalle sue attività e che raggiunge direttamente l'unità con la Via.

    Ma la diversità e i differenti sviluppi del pensiero confuciano e di quello taoista poggiano fondamentalmente sull'interesse per il Tao. Confucio vede la Via come una sorta di regola che, data dal Cielo, unifica tutti coloro che sotto il Cielo, cercano di seguirla. Questa regola è gerarchica e si potrebbe interpretare come un rapporto filiale, con le sue norme immutabili di rango e di stato sociale; inoltre Confucio vede le ricompense del mondo materiale come un segno del successo per aver seguito la Via, mentre i Taoisti non la vedono così.

    Confucio cercò di collegare il Tao a un sistema rigido di valori e di virtù atti a creare gli uomini probi che avrebbero governato saggiamente; in un certo senso, Confucio usa il Tao per esprimere un concetto immobilistico della probità morale e del corretto comportamento. La via da perseguire è quella nata dalla condotta morale, per cui chi si è comportato correttamente, per esempio nel proprio commercio, derivandone remunerazioni e onori, è nel giusto; per il modo di vedere taoista, un atteggiamento di questo genere è di per se stesso una deviazione alla Via.

    Il taoismo, come il suo erede, lo zen, rappresenta la tendenza individualistica diffusa nella Cina meridionale in contrapposizione al comunismo della Cina settentrionale, che si è manifestato nel Confucianesimo. Ancora oggi, dopo secoli di unificazione, colui che abita nella parte meridionale del Celeste Impero differisce dal settentrionale per idee e convinzioni; nei tempi antichi, la diversità era più accentuata, anche nell'arte e nella poesia, elegiaca per i taoisti, molto più prosaica per gli scrittori settentrionali.

    L'Assoluto taoista era il Relativo; i taoisti si facevano beffe delle leggi e dei codici morali della società; per loro, giusto e sbagliato erano termini relativi. Definire è sempre limitare; "fisso" e "immutabile" sono termini che esprimono un arresto dello sviluppo. Il rispetto delle consuetudini implica che l'individuo si sacrifichi continuamente per il bene dello stato; il sistema educativo incoraggia l'ignoranza, funzionale alla conservazione di potenti illusioni; non si insegna ad essere veramente virtuosi, ma a comportarsi in modo conveniente; siamo indulgenti con la nostra coscienza perché abbiamo paura di dire agli altri la verità; ci rifugiamo nell'orgoglio perché non riusciamo ad essere sinceri con noi stessi.

    I taoisti sostenevano che la commedia della vita sarebbe molto più interessante se ognuno si sforzasse di preservarne l'armonia; mantenere il senso delle proporzioni fra le cose e lasciare spazio agli altri senza perdere il proprio; il senso della totalità non deve mai perdersi in quello dell'individuo. La metafora preferita da Lao è l'affermazione che solo nel vuoto si trova ciò che è veramente essenziale; il vuoto è onnipotente perché contiene ogni cosa; solo nel vuoto il movimento è possibile; chi riesce a fare di sé un vuoto in cui gli altri possono entrare liberamente, riesce a dominare qualunque situazione.

    Il taoismo zen accentua questi insegnamenti e li arricchisce.

    Il Vero Uomo, secondo i taoisti zen, è colui che ha fatto di se stesso un maestro dell'arte di vivere;

    al momento della nascita entra nel mondo dei sogni e solo con la morte si risveglia alla realtà; attenua la propria luce per confondersi con l'oscurità altrui;

    è: "riluttante come chi d'inverno attraversa un torrente; è esitante come chi ha paura di quanto lo circonda; è ossequioso come un ospite; è tremante come il ghiaccio che sta per sciogliersi; è senza pretese come un pezzo di legno non ancora scolpito; è sgombro come una vallata; è privo di forma come le acque quando sono agitate".

    Per il Vero Uomo i tre gioielli della vita sono la pietà, la parsimonia e la modestia.

    La suprema realizzazione di se stessi si raggiunge attraverso la meditazione, che è uno dei modi mediante i quali si può pervenire allo stato di Buddha e trovare il Tao in se stessi. Anche lo zen è il culto del Relativo: secondo la definizione di un maestro, lo zen è l'arte di vedere la stella polare nella parte meridionale del cielo; la verità si raggiunge soltanto mediante la comprensione degli opposti; inoltre, lo zen è un deciso fautore dell'individualismo, come il taoismo: niente è reale, se non quello che esiste nella nostra mente e le parole sono un ostacolo al pensiero.

    I seguaci dello zen aspirano ad una comunione diretta con la natura profonda delle cose e considerano il loro aspetto esteriore un ostacolo alla chiara percezione della verità; la sfera materiale riveste la stessa importanza di quella spirituale; nel sistema di rapporti delle cose, non esiste differenza tra grande e piccolo; un atomo ha in sé le stesse possibilità dell'universo; chi ricerca la perfezione deve saper scoprire nella propria vita il riflesso della luce spirituale. Da questo punto di vista, l'organizzazione del monastero zen è particolarmente significativa, poiché ai novizi vengono assegnate le mansioni più leggere, mentre quelle più fastidiose e più umili sono riservate ai monaci più rispettati e più anziani; e tutto va fatto in modo assolutamente perfetto.

     

    IL RYU DI SHIATSU E LE SCUOLE FILOSOFICHE

    Lo shiatsuka nel dojo diventa miki, riconquistando se stesso oltre i condizionamenti della vita già vissuta e attraverso la disciplina ed i Li si riappropria della semplicità liberandosi della sovrastrutture.

    Con la conquista del vuoto del Cuore secondo i principi del Tao, lo shiatsuka giunge alla capacità dell'ascolto dell'altro. Questo consente a tori di entrare in contatto con uke e di aiutarlo. Per aiutare uke tori ha anche imparato a guidare armoniosamente il suo corpo astrale; tori conosce l'impetuosità del corpo astrale; sa quanto lo ha fatto penare prima che imparasse a tenerlo dolcemente a freno quando scalpita come un cavallo pazzo; sa farlo volare nel vento della spiritualità perché lo trasporti alle più alte vette dell'Io; sa entrare con il corpo astrale in uke senza disturbare e solo per il tanto di tempo e di modo che serve per il bene di uke; lo shiatsuka non usa mai il suo potere per usare il potere: è attento, umile e grato per tutto ciò che può fare. Il corpo astrale di tori, ben guidato, usa l'energia jing; tori non guarda con gli occhi: usa la vista interna, l'hara ed il cuore.

    Lo shiatsuka attraverso la ripetizione in "progress" delle posture evolutive addestra il corpo fisico alla corretta manualità per permettere il giusto fluire del ki; attraverso la determinata abolizione degli automatismi esalta le capacità dello shen in modo da aumentare la percezione dell'inconscio così da comprendere le disarmonie e favorire il riequilibrio del ki.

    Lo studio delle tecniche manuali, peraltro fondamentale in modo ovvio, non ha alcuna valenza se non è supportato da una profonda trasformazione dell'essere; lo shiatsuka trova dentro di sé la capacità di arrivare ad una spiritualità profonda che si manifesta con l'amore e l'autentica comunicazione con gli altri; trova anche la capacità di percepire profondamente, prima di tutto se stesso e poi tutti gli altri; deve imparare ad essere fisicamente e mentalmente elastico, equilibrato e concentrato in quello che fa.

    Una disciplina che lavora sul ki del corpo sviluppa una forza interiore diversa da quella muscolare; il Tao è la dimostrazione del fatto che la vita è un continuo cambiamento; la natura segue dei cicli che si verificano spontaneamente, secondo il movimento del ki, microcosmo che riflette i movimenti del macrocosmo.

    Come ho già accennato, le radici storiche dello shiatsu risalgono alla Cina antica, nel cui seno hanno avuto origine tutte le forme della medicina orientale.

    I taoisti narrano che nel grande principio del Non Principio, Spirito e Materia si affrontarono in una lotta mortale. Alla fine l'Imperatore Giallo, il Figlio del Cielo, trionfò sul demone dell'oscurità e della terra; il titano agonizzante urtò con la testa il cielo, mandando in frantumi la celeste volta di giada.

    Le stelle persero i loro nidi e la luna vagò senza meta nei deserti abissi della notte. Disperato, l'Imperatore Giallo cercò chi sapesse riparare i cieli: dal mare d'Oriente emerse la regina Niuka, dal capo munito di corna e dalla coda di drago, splendente nella sua armatura di fuoco. Nella sua fucina magica, essa saldò l'arcobaleno dai cinque colori e ricostruì il cielo della Cina, ma dimenticò di saldare due sottili crepe; fu così che ebbe inizio il dualismo: ogni fenomeno procede nello spazio e nel tempo senza mai fermarsi fino a che il dualismo che contiene non si salda per rendere compiuto l'universo.

    Il cielo dell'umanità moderna si è veramente frantumato nella lotta per la ricchezza e il potere. Il mondo brancola nelle tenebre dell'egoismo e della volgarità, la conoscenza si compra a prezzo della cattiva coscienza, la generosità si pratica a fini utilitaristici.

    Oriente e occidente, come due draghi scagliati in un mare agitato, lottano invano per conquistare il gioiello prezioso, la Perla, il potere; nella simbologia cinese uno dei significati attribuiti al drago è quello di guardiano della Perla; la Perla del drago è custodita nella sua gola e rappresenta il suono della parola del capo, la perfezione del suo pensiero e dei suoi ordini.

    Lo shiatsu deriva da un'applicazione della medicina tradizionale cinese, a sua volta parte integrante della antica filosofia che nasce dal concetto di Tao.

    La vita dell'Universo, per i cinesi, è uno scambio di influssi tra il Cielo e la Terra e ogni essere è "covato dal Cielo" e "portato dalla Terra". Il Cielo-Terra è la madre che lo genera e lo nutre.

    L'esistenza umana si svolge nel Vuoto mediano, spazio formato dai Sei Soffi, che sono i quattro punti cardinali e le direzioni alto e basso; i Soffi del Cielo costituiscono l'iniziativa che crea la vita; si rivolgono alla Terra che li riceve, li immagazzina e li restituisce, dopo averli trasformati. Cielo e Terra sono rivolti l'uno verso l'altra; ciò che è prodotto da essi partecipa sempre dell'uno e dell'altra. Ciò che è vero per la specie umana è vero anche per gli uomini che vivono in un impero, la Cina, che legittimamente comanda a tutti gli uomini, ma li organizza a partire da un centro. Il compito del sovrano è di presiedere alla vita; la Virtù che riceve dal Cielo si diffonde spontaneamente sul popolo. Non esercita direttamente il potere, ma dei ministri e il governo lo rappresentano presso il popolo. L'uomo come individuo è a immagine e somiglianza dell'Impero. Possiede, come dono del Cielo, gli Spiriti celesti. A partire dal centro, dove dimorano in stato di riposo, questi Spiriti presiedono alla vita dell'organismo. Ministri, servitori, milizie, magazzini, inviati e vassalli custodi delle province, all'interno di un ordine clemente e benefico, assicurano la vita, la sussistenza e la difesa di tutto ciò che vive entro i confini del corpo.

    Similmente, gli individui, come l'Impero, traggono dalla Terra gli elementi pesanti e consistenti che a loro servono per arricchirsi e mantenersi, in modo che la vita sia questo flusso continuo che in ogni istante rinasce dall'incontro dei Soffi del Cielo e della Terra.

    Il funzionamento del Cielo-Terra è straordinario per regolarità e silenzio; se salti di umori evidenziano un'irregolarità, questa non è che passeggera: "una burrasca non dura una mattina intera; un acquazzone non dura fino alla fine del giorno". La salute è lo stato naturale dell'universo; non fa alcun rumore: chi sta bene ignora il proprio stato, è incosciente; la salute dell'uomo e il buono stato dell'Impero sono solo manifestazioni particolari dell'armonia di Cielo-Terra.

    Questo è il punto di partenza di MTC. Se il meccanismo così sofisticato della vita si inceppa, una specie di rumore si fa sentire: uno dei percorsi dell'energia, il cui insieme forma la rete che avvolge e penetra il corpo umano, come in una macchina, si surriscalda.

    La Cina ha sempre riconosciuto l'autorità del sovrano e rimesso il potere a dei ministri. Anatomia e Fisiologia hanno il rango di ministri, la vita ed il suo custode, il medico, hanno il rango di Sovrano. Il Grande Medico della tradizione antica è una specie di sovrano. Conosce tutto dell'anatomia e della fisiologia, della virtù degli aghi e delle medicine, ma è l'osservatore acuto della volontà del cielo e l'ordinatore della salute. Attento ai segni della Terra, "agisce senza agire", preservando ciò che è sano, normalizzando ciò che è patologico; non interferisce tra le reciproche influenze che si scambiano il Cielo e la Terra.

    All'origine dell'uomo vi sono il Cielo e i suoi antenati; i Soffi celesti hanno un carattere aereo, sottile, leggero, luminoso. Sono responsabili, sin dall'inizio della vita umana, della razionalità, della spiritualità, della specie, della discendenza. Alla radice dell'uomo si trova la Terra con i suoi differenti terreni che spiegano la diversità delle razze e delle morfologie: il momento del concepimento marchia ogni individuo con un sigillo particolare.

    La migrazione dei principi filosofici e delle cognizioni mediche cinesi verso il Giappone iniziò verso il VI secolo d.C. insieme al buddhismo dall'India. La massima fioritura della medicina orientale avvenne in Giappone durante il periodo Edo (1603-1868), quando gli shogun Tokugawa incoraggiarono il suo sviluppo; essi decretarono che il massaggio era una professione che poteva essere svolta dai non vedenti, grazie al loro senso del tatto, particolarmente sensibile; ma, dal momento che le opportunità di insegnamento per i non vedenti erano limitate, l'An ma a poco alla volta fu relegato ad un semplice mezzo di rilassamento e di piacere.

    Tuttavia, l'applicazione medica della tecnica del massaggio venne conservata per la gestazione e la nascita dei bambini, usando una specifica forma giapponese di trattamento addominale detta ampuku.
    Nel XX secolo è infine iniziato un processo di ripresa della tecnica del massaggio medico attraverso lo studio e il lavoro di importanti maestri come Tamai Tempaku, Katsusuke Serizawa, Tokujiro Namikoshi e Shizuto Masunaga; questi ultimi tre sono stati le figure più influenti per lo sviluppo dello shiatsu dall'Anma e per la sua diffusione in oriente e in occidente.

    L'applicazione dello shiatsu si fonda, come abbiamo già detto, su un modello derivante dalla Medicina Tradizionale Cinese, ma noi occidentali con molta fatica riusciamo a destreggiarci nelle relazioni analogiche che determinano i rapporti tra le entità che orientano il medico-filosofo cinese nella sua ricerca di definire il quadro clinico di uke; tutto l'impianto medico-filosofico si basa sull'analogia: questa modalità di rapporto, di relazione tra entità e cose diverse tra loro per qualità e quantità, è il metodo che ha permesso al pensiero cinese di strutturare la serie di corrispondenze che è alla base del pensiero antico. L'analogia consente al saggio dell'antichità cinese la trasposizione della conoscenza delle relazioni tra i vari oggetti ed eventi del macrocosmo a quella piccola zona di esso, definita e limitata che è l'uomo; nell'uomo avvengono gli stessi fenomeni che nell'universo e le relazioni che regolano la generazione e il reciproco controllo dei Soffi interni sono strutturate su leggi di similitudine analoghe a quelle che reggono i grandi movimenti dei Soffi a livello cosmico.

    E allora, noi occidentali, nipoti dell'illuminismo, figli della società postindustriale ed abitanti di un sempre più piccolo villaggio globale, come possiamo imparare ad entrare in sintonia con un mondo di 2000 anni fa? Useremo la fantasia di Lao tzu ed il suo invito a liberarci delle ansie e delle passioni; cercheremo di imitare il fervore del misticismo di Mo-ti, rivolgendoci con umiltà e coerenza ai principi della religione che abbiamo scelto, qualunque essa sia; adotteremo nei rapporti quotidiani con le persone l'ironia sofisticata di Chuang tzu, perché ci liberi dai condizionamenti sociali; ci soffermeremo con attenzione sull'applicazione del concetto di The, poiché nell'usare per noi la migliore modalità di vita, saremo poi di aiuto anche agli altri; valuteremo cosa ogni giorno può significare wu-wei, privo di passività; applicheremo nel percorso della Via l'etica di Confucio e nel suo insegnamento, con rispetto verso le conquiste degli antenati, guarderemo con fiducia al nostro futuro.

    Nella propria formazione l'allievo occidentale di shiatsu impara a seguire i principi della filosofia cinese antica, unica strada percorribile per superare la grande differenza di formazione culturale e filosofica e poter capire il senso logico su cui si fonda l'insegnamento dello shiatsu.

    Il primo impegno è allora chiedersi della propria Via, chiedersi se si è pronti a guardarla e seguirla.

    E poi, dal mondo taoista zen: imparare a spogliarsi delle proprie passioni per poter dare ascolto al dolore di uke; non analizzare, non discutere, non capire soltanto, ma comprendere il senso della vita; entrare nel mondo dell'azione senza attività, che è l'arte di fare il bene senza essere invadenti e senza determinare le trasformazioni, limitandosi a favorirle; ascoltare con attenzione sacrale il movimento di queste trasformazioni senza mai forzarle; saper tacere; saper stupire; accontentarsi di poco; non considerare preminente la propria immagine pubblica: "non ti curar di lor, ma guarda e passa"; preservare l'armonia dell'esistenza nei rapporti con gli altri e mantenere il senso delle proporzioni fra le cose in modo da lasciare spazio agli altri senza perdere il proprio; imparare a non perdere il senso della totalità, mentre ci si occupa di una parte di essa; applicare nel proprio lavoro la pietà, la parsimonia e la modestia.

    Ma anche, dal mondo confuciano: dare alle parole il loro esatto significato, adoperare la terminologia corretta, perché anche in questo si trova il necessario ordine mentale; coltivare la naturalezza e la spontaneità; fuggire atteggiamenti studiati poco convincenti; curare l'ordine e la salute della persona; diffondere con garbo e senza spocchia le proprie conoscenze, perché siano utili; e sviluppare in se stessi le quattro virtù: l'amore, il senso della giustizia, la capacità di seguire i rituali e la saggezza.

    Senza l'empatia un trattamento shiatsu non c'è; il senso della giustizia soccorre lo shiatsuka nei momenti di dubbio; il rituale è indispensabile per avere un proprio ordine interiore sul quale costruire il trattamento più adatto ad uke; la saggezza è la virtù più difficile da conquistare, è la somma di tutte le altre virtù e riunisce in sé tutto ciò che ho descritto fin qui.

    Il senso di tutto questo è una tensione morale di autoperfezionamento che può portare l'allievo di shiatsu almeno ad essere una persona migliore e in migliore armonia con il mondo di cui fa parte e in cui agisce.

     

     

    BIBLIOGRAFIA

    Thomas Merton - ed Paoline - "La via semplice di Chuang Tzu"

    Wong Kiew Kit - Mondatori - "Il grande libro dello zen"

    Confucio "I dialoghi" - Rizzoli trad Fausto Tomassini

    Martin Palmer - Xenia - "Il Taoismo"

    Renè Etiemble - Tea - "Confucio"

    Liou Kia-hway - Adelphi - "Zhuang-zi"

    J.J.L.Duyvendak - Adelphi - "Tao The Ching"

    Alan W. Watts - Feltrinelli - "La via dello zen"

    Elaine Liechti - Mondatori - "Lo shiatsu"

    J. Schatz e altri - Jaca Book - "Elementi di medicina tradizionale cinese"

    Stefania Redini - De Vecchi - "Il libro completo dello shiatsu"

    Claudio Parolin e altri - Luni - "Shiatsu do"

    Franco Pierini - ed Paoline - "Guida alle religioni"

    Kakuro Okakura - Feltrinelli - "Lo zen e la cerimonia del the"

    Jacques Fernet - Einaudi - "Il mondo cinese"

    Marcel Granet - Adelphi - "Il pensiero cinese "





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